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Gli ad-blocker potrebbero cambiare il futuro della pubblicità

Scritto da Caterina Poppi In data 10 tempo di lettura

Il digital marketing si è trasformato nell’ultimo decennio, ma non tutti i cambiamenti sono stati positivi. 

Times Square e le luci della pubblicità

Il digital marketing ha subito una serie di importanti cambiamenti nell’ultimo decennio. Le tecnologie si sono evolute, sono nati i social media e nuovi canali per monetizzare l'engagement, generare lead e aumentare il ROI. 

Tuttavia, non sempre tutte queste evoluzioni sono state positive: negli ultimi due anni, è emersa anche una sfida comune che ha iniziato a minacciare l'industria pubblicitaria, con potenziali perdite che ammontano a miliardi di euro e il pericolo di trasformare per sempre la pubblicità. Parliamo degli ad blocking.

Che cos'è un ad-blocker?

Con ad blocker o ad blocking, si intende una tecnologia utile ad impedire la visualizzazione o il download di pubblicità, consentendo ai visitatori di un sito web di fruire dei contenuti senza alcun tipo di annuncio pubblicitario. 

Fenomeno in crescita

Il fenomeno degli ad-blocker è diventato pervasivo a livello globale, ponendo sfide significative a siti di contenuto, brand, agenzie di marketing e tech provider. I dati emergenti indicano che il blocco degli annunci stia effettivamente diventando un problema e un grosso ostacolo per tutti gli addetti ai lavori nel mondo del marketing e i brand loro clienti.

Quante persone utilizzano gli Ad-blocking?

Secondo PageFair e Adobe nel 2015 c'erano circa 198 milioni di utenti nel mondo che già bloccavano gli annunci. Nel 2016 il numero è cresciuto del 41% a livello globale, mentre il tasso di crescita negli Stati Uniti è stato del 48%. Tutto questo costava ai publisher ben $22 miliardi.

E oggi? Nel 2019 almeno il 34% degli adulti maggiorenni utilizza attivamente gli ad-blocker. L'utente medio è maschio, esperto di computer e ha figli minorenni all'interno del suo nucleo famigliare.

Quali sono gli annunci che favoriscono l’utilizzo di Ad-Blocker?

I visitatori sono stati spinti ad adottare gli ad-blocker principalmente a causa di tre tipi di formati pubblicitari indesiderati:

  1. Video che si riproducono automaticamente
  2. Annunci invasivi che interrompono la navigazione
  3. Banner lampeggianti

È interessante notare che il  crescente utilizzo degli ad-blocker non è solamente motivato da una diffusa 'antipatia' per gli annunci, ma riguarda in particolare i metodi di pubblicazione.

Tre delle ragioni principali per cui gli utenti iniziano ad utilizzare gli ad-blocker sono:

  • L'advertising influisce negativamente sulle prestazioni del dispositivo
  • Il dispositivo viene attaccato da virus e malware
  • Crescente consapevolezza sulle tecnologie di ad-blocking disponibili

La motivazione principale per cui si continuano ad utilizzare gli ad-blocking dunque, ha a che fare con la protezione del proprio dispositivo, più che per evitare la pubblicità stessa. Sempre più persone si preoccupano di proteggere i loro computer, tablet e smartphone da virus e malware, cercando nel contempo di aumentare le prestazioni dei dispositivi. C'è quindi un sentimento negativo verso la pubblicità che si è costretti a vedere e molti utenti pensano che li distragga troppo da ciò che stanno facendo.

Tuttavia, se la pubblicità si traducesse in un migliore accesso ai contenuti, molti utenti probabilmente disabiliterebbero subito il proprio ad-blocker.

Le estensioni del browser continuano ad essere le tecnologie più comuni per effettuare il blocco degli annunci. Attualmente, esistono estensioni per Chrome, Firefox, Safari e Opera. Procedono sia a bloccare la richiesta di un annuncio, oltre a comprimere lo spazio in cui l'annuncio verrebbe visualizzato.

Il numero di utenti che utilizzano l’ad-blocking è in crescita

Sicuramente la maggior parte delle persone non si rende conto del fatto che la pubblicità permette di  finanziare la fruizione di un contenuto, anche digitale. Sono ignari di questo ruolo: è infatti a tutti gli effetti lo strumento che permette di accedere gratuitamente ai nostri siti preferiti.

La frustrazione generata dalla pubblicità nella sua forma attuale è il motore scatenante che ha portato all'aumento dei tassi di adozione degli ad-blocker a livello globale.

Accedere ai contenuti online è diventato sempre più difficile a causa della quantità di pubblicità da visualizzare prima. Il notevole miglioramento della tecnologia ha in un certo senso contribuito a rendere ancora più frustrante l'esperienza dell'utente su tanti siti web, a prescindere dai tempi di caricamento, dalla velocità di connessione etc.

Tempi di caricamento più lenti e un consumo dei dati più elevato sui dispositivi mobili sono state le principali motivazioni dietro l'utilizzo di ad-blocker in aree come l'Indonesia. Insomma, la pubblicità viene considerata inutile, invadente e irrilevante.

In particolare la diffusione dei dispositivi mobile non ha fatto che incrementare l'utilizzo degli ad blocker. Ricerche recenti indicano infatti che un possessore di smartphone su tre ritiene di vedere troppi annunci durante la navigazione su Internet via mobile. Gran parte degli utenti in realtà non sa ancora che la tecnologia per il blocco degli annunci è diponibile anche via mobile. Una volta che questa consapevolezza aumenterà, l'industria pubblicitaria può aspettarsi un altro grande calo dei ricavi.

La strada da seguire

Un nuovo approccio è stato sostenuto dalla Coalition For Better Ads, un gruppo di settore formato da un misto di advertiser, publisher, tech provider e agenzie. L’obiettivo è di rinnovare gli standard del settore, bandendo una volta per tutte le tipologie di pubblicità più invadenti, come ad esempio gli annunci che ti costringono ad aspettare un periodo di tempo prestabilito prima di poter riprendere la navigazione o quelli che riproducono automaticamente l'audio.

 Le aziende della coalizione stanno discutendo una serie di idee, tra cui pre-installare sui browser una particolare tipologia di ad blocker in grado di stoppare alcune tipologie di annunci, rendendo la navigazione più agevole e sicura. 

Potrebbe sembrare una follia che inserzionisti e agenzie decidano spontaneamente di accettare un blocco degli annunci, in qualsiasi forma sia, ma potrebbe esserci un lato positivo in tutto questo.

Dato che come dicevamo uno dei motivi principali per cui le persone stanno implementando gli ad blocker in maniera cospicua è a causa del rallentamento del caricamento dei siti web e delle maggiori difficoltà di navigazione, se tutto il settore pubblicitario riuscisse a bloccare le pubblicità inappropriate, le persone potrebbero non avere più la necessità di utilizzarli.

La coalizione spera che gli utenti disinstallino anche quelli già scaricati: tutto questo permetterebbe di risparmiare più entrate pubblicitarie di quelle che attualmente vengono perse investendo in annunci invadenti che occupano gli schermi e impediscono una buona user experience.

In che modo l’ad-blocking influenza l’affiliate marketing?

L’affiliate marketing è in grado di offrire un valore attraverso le sue capacità di tracciare dati, fornendo informazioni sui prodotti, prezzi, recensioni, codici di sconto o cashback. con l'obiettivo di incoraggiare un utente ad acquistare. Al sito affiliato viene pagata una commissione su tutte le vendite generate grazie alla conversione dei clienti; questo scambio si traduce in una partnership reciprocamente vantaggiosa e trasparente.

Qualsiasi dominio che effettui attività display o si avvalga dell'affiliazione potrebbe essere inserito nella blacklist dagli ad blocker. Questo significa che i banner non vengono visualizzati, i click-through falliscono e il tracking potrebbe non caricarsi adeguatamente sul sito dell’advertiser. La conseguenza è una maggiore difficoltà nel tracciare le vendite e premiare i publisher.

Come si sarà potuto intuire, gli ad-blocker hanno avuto conseguenze anche sull'affiliate marketing. Fin dal 2015 però Awin ha lavorato duramente per assicurarsi che questi software incidessero il meno possibile sul suo business. Dato che questi software funzionano principalmente inserendo nella blacklist siti e domini, effettiamo test continui per garantire ad advertiser e publisher che gli ad blocker interrompano il meno possibile il lavoro dei nostri partner.

Al momento sappiamo che in particolare sono due i principali ad blocker che bloccano i link Awin (per impostazione predefinita): uBlockOrigin e AdBlock Plus, che  potrebbero agire su determinate tipologie di creatività. Continuiamo a monitorare la situazione e pubblicheremo eventuali aggiornamenti se uno dei player più importanti in circolazione modificherà il proprio comportamento.

La buona notizia è che tutti questi tool "prendono di mira" in particolare le aziende che deliverano grandi volumi di banner e creatività su Internet. Dato che l’affiliate marketing si avvale di diversi canali e di altrettante diverse tipologie di publisher, sono davvero tante le modalità con cui può generare revenue. Ecco perchè è un modello di business affidabile e sicuro, anche in queste circostanze sfidanti. 

Il ruolo dei browser 

Anche "big" come Google, Apple e Microsoft stanno prendendo posizione e sono scesi in campo. A febbraio 2018, Chrome ha rilasciato un ad-blocker già integrato di default, che ad oggi conta oltre 60 milioni di utenti. Questo sviluppo è significativo in quanto Chrome è attualmente utilizzato per visualizzare circa il 56% delle pagine web, secondo le analisi fornite da StatCounter. Chrome ha riportato che circa il 42% dei siti web ha ridotto pratiche pubblicitarie ritenute inaccettabili, allo scopo di soddisfare gli standard di Google.

Come parte del processo, Google valuta i siti web e invia un avviso ai siti che presentano annunci eccessivamente invadenti. Se il sito non riesce a modificare la sua attività, viene aggiunto a una blacklist. Una volta inserito nella lista nera, Chrome blocca tutti gli annunci fino a quando il sito non torna a essere conforme agli standard di Chrome.

Gli advertiser e la compravendita di spazi pubblicitari

Nella pubblicità, il denaro la fa da padrone. Non sorprende quindi che gli inserzionisti e in generale tutti gli acquirenti di annunci pubblicitari devono e possano svolgere un ruolo chiave nel guidare il cambiamento, destinando i loro investimenti verso editori e network pienamente conformi alle linee guida proposte dalla Coalizione.

Tuttavia, è anche probabile che si scateneranno nuove polemiche sulla proposta di adottare una "filosofia" selettiva di blocco degli annunci, nonostante questo sia sicuramente il metodo più efficace al momento per convincere i siti a conformarsi.

Lo stato attuale 

Senza dubbio la pubblicità online ha contribuito alla crescita di Internet, finanziando anche piattaforme come Facebook e Google, senza costringere il pubblico a pagare per usufruire dei contenuti. Proprio su Facebook, la pubblicità è esplosa scatenando un fenomeno digitale che è cresciuto su larga scala. Ora, bloccando queste pubblicità fastidiose e invadenti, i lettori stanno per scoprire il vero costo di tutti quei siti web che un tempo visitavano gratuitamente. Stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di siti di contenuti che iniziano a offrire modelli di abbonamento o paywalls in loco, per incoraggiare le donazioni al fine di mantenere attive le loro pagine.

I publisher inizieranno a proporre modelli di iscrizione su abbonamento?

Tutti gli editori stanno esplorando una gamma di opzioni pensate per aiutarli a far fronte al continuo aumento degli ad-blocker e al loro impatto negativo sulle revenue solitamente generate grazie alla pubblicità online. Il New York Times e il Washington Post hanno seguito la strada pensata dal Wall Street Journal e hanno implementato dei "paywall" all'interno dei loro contenuti, rendendoli premium e disponibili così solo previo pagamento di una piccola quota, per avere accesso alla membership. 

Wired inizialmente aveva deciso di bloccare i lettori che avevano ad-blocker attivi, mentre il sito di notizie online Salon ha provato a consentire gli ad blocker a patto che gli utenti acconsentissero a uno scambio: accesso ai loro browser per estrarre criptovalute (una forma di valuta digitale difficile da contraffare).

Considerazioni finali

La pubblicità digitale dislay è una tecnica promozionale che presenta alcuni svantaggi. Rallenta i tempi di risposta di un sito e consuma la durata della batteria del dispositivo. Ogni giorno veniamo monitorati ossessivamente, il nostro comportamento online e i nostri acquisti servono per andare a creare dei profili virtuali ai quali abbinare le pubblicità potenzialmente di nostro interesse. Gli annunci più fastidiosi e fonte di distrazione fanno calare le percentuali di conversione e di click through rate. Il blocco di questi annunci ha quindi la possibilità di cambiare il futuro della pubblicità digitale e abbiamo già iniziato a vedere alcune evoluzioni nel settore, tra cui nuove modalità di tracking.

Che la si ami o la si odi, o, semplicemente, la si tolleri, la pubblicità in realtà è uno strumento essenziale per consentire agli utenti l'accesso gratuito alle informazioni. Gli ad-blocker hanno spianato la strada ai consumatori, facendoli diventare molto più consapevoli delle tecnologie di tracciamento utilizzate nel settore della pubblicità digitale. Gli sviluppi più recenti come il GDPR e l'ePrivacy hanno aumentato la trasparenza in merito alla raccolta dei dati, con particolare attenzione alle informazioni sensibili, aumentando gli standard che il consumatore medio si aspetta. Di conseguenza, più aziende e tecnologie cercano nuovi modi di parlare ai propri clienti in modo mirato.

L'affiliate marketing può essere un'ottima soluzione in questi casi, è un canale di marketing che necessita di pochi dati e consente agli inserzionisti e ai rivenditori di raggiungere un pubblico in target che altrimenti non sarebbero stati in grado di approcciare, a meno che non decidessero di attivare un targeting degli annunci. Il nostro canale è quindi in una posizione di forza in un mondo sempre più attento ai dati e alla privacy personale. 

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